L’economia della provincia di Perugia nel biennio 1927-1928, Studio statistico compilato dall’Ufficio di Segreteria del «Consiglio Provinciale dell’Economia» di Perugia, Perugia 1930; F. Sacchetti, Il Trecentonovelle, a cura di E. Faccioli, Torino 1970, novella CLXIX. |
San Feliciano
LASCA
Uno dei pesci simbolo del Trasimeno insieme alla tinca, è scomparsa dalle acque lacustri negli anni ’30 del secolo XX. Nel Trecento, nel periodo di massima produttività del lago, il Sacchetti, in una novella composta tra il 1385 e il 1392 – questo il periodo in cui egli compose il suo «Trecentonovelle» –, usa questo pesce per farsi beffe dei perugini. Vediamo come. Stando a quanto narrato nella novella il pittore Buonamico di Cristoforo, Buffalmacco, fu incaricato dal governo di Perugia di dipingere l’immagine di S. Ercolano, patrono della città, su una parete che dava sulla piazza cittadina. Per farsi gioco dei perugini che lo schernivano per la lentezza con cui a loro giudizio lavorava, Buffalmacco realizzò la figura del santo incoronata «non d’alloro, come i poeti, non di diadema, come i santi, non di corona d’oro, come li re, ma d’una corona, o ghirlanda di lasche […] delle maggiori che mai uscissino del lago». Al di là della satira in sé, deve sottolinearsi come il dileggio dei perugini si abbia attraverso due elementi notevolmente cari alla città: il patrono che aveva attivamente partecipato alla difesa di Perugia dall’assedio dei Goti di Totila e quel pesce, la lasca, che a quanto pare costituì per lo stato perugino una risorsa economica di primaria importanza. Il dato riportato da Bartolomeo Borghi circa il quantitativo di lasche annualmente pescato, sui 1.700 quintali, è emblematico nonostante sia relativo al secolo XVIII. E questo, è il caso di sottolinearlo, è lo stesso quantitastivo che si pescava ancora alla vigilia della scomparsa di questo pesce dal lago. Sul finire degli anni ’20 del secolo XX si afferma infatti che «la produzione annua della lasca è molto variabile e può oscillare da un numero di pochi quintali ad un massimo di q.li 1.700». Circa il consumo del detto pesce occorre evidenziare come nel Trecento la metà delle 30 some di pesce giornalmente immesso nel mercato cittadino durante la Quaresima doveva essere costituito da lasche. Ciò ha evidentemente portato ad un radicamento del consumo di questo pesce e, ancora nella prima metà del secolo XX, nello studio sull’economia della provincia di Perugia da cui è stato tratto il dato relativo al quantitativo di pescato annuale, si sottolineava come se ne facesse «un grande consumo nell’Umbria, specialmente nei mercati viciniori al Lago». La sua scomparsa dal lago è stata un duro colpo all’attività piscatoria e a quelle che erano le tradizioni alimentari dell’area lacustre e perugina più in generale di cui, comunque, la lasca costituiva un preciso punto di riferimento consolidato nel corso dei secoli.
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