Pesci trasimeno

N. Biffi, L’Italia di Strabone, Genova 1988; B. Borghi, Descrizione geografica, fisica e naturale del lago Trasimeno comunemente detto il lago di Perugia, Spoleto 1821; G. Cherubini, L’Italia rurale del basso medioevo, Roma Bari 1985; L’economia della provincia di Perugia nel biennio 1927-1928, Studio statistico compilato dall’Ufficio di Segreteria del «Consiglio Provinciale dell’Economia» di Perugia, Perugia 1930; G. Mira, La pesca nel medioevo nelle acque interne italiane, Milano 1937; G. Riganelli, Signora del lago signora del Chiugi. Perugia e il Trasimeno in epoca comunale (Prima metà sec. XII – metà sec. XIV), Perugia 2002; F. A. Ugolini, proposta per una ricerca intorno alle arti e ai mestieri tradizionali in Umbria, in, Arti e mestieri tradizionali in Umbria, Perugia 1977.



San Feliciano
1 - IL PESCE DEL LAGO TRASIMENO NEL BASSO MEDIOEVO E IN ETÀ MODERNA
Fin dall’antichità il lago Trasimeno sembra connotarsi come serbatoio alimentare, sia riguardo all’avifauna che alla fauna ittica. Strabone, infatti, dice chiaramente che il Trasimeno, insieme ad altri laghi dell’Etruria, contribuiva alla prosperità della regione sia per l’abbondanza di pesce che di uccelli acquatici. Con l’avvento del cristianesimo e il conseguente aumento del consumo di pesce – è stato calcolato che nel basso medioevo «si digiunava o si ricorreva al pesce» per ben 120-130 giornate all’anno tra quaresima ed altri giorni di vigilia –, l’importanza rivestita dalla fauna ittica del Trasimeno si accrebbe ulteriormente anche in considerazione della distanza che separa Perugia e il suo territorio dal mare. Tale importanza emerge in maniera chiara ed inequivocabile nel basso medioevo, quando il quantitativo di pesce pescato annualmente si aggirava intorno ai 20.000-25.000 quintali. Su simile dato, tuttavia, occorre soffermarsi in quanto è in netto contrasto con quello fornito da Giuseppe Mira, che fissa il quantitativo di pescato annuale nello stesso periodo in 4.700 quintali. La proposta avanzata dallo studioso di storia economica si basa essenzialmente sul dato costituito dalla necessità di rifornire il mercato di Perugia, durante la Quaresima, con un quantitativo minimo di 20 some di pesce, equivalenti a circa 20 quintali. Simile quantitativo, fissato da una norma dello statuto perugino del 1279, nel 1342 era stato portato a 30 some. Oltre a questo vi è un altro dato di cui Mira non ha tenuto conto e cioè del fatto che il pesce del Trasimeno non solo doveva finire sul mercato perugino, ma doveva anche esportarsi su quello di altre città dell’Umbria e della Toscana, giungendo a quanto pare fino a città marinare come Ancona. Allo stesso tempo deve evidenziarsi come vi sia stato anche chi, durante la Quaresima ma pure in altri periodi dell’anno, si recava al Trasimeno per acquistare direttamente lì il pesce. Se si tengono nella dovuta considerazione questi dati ben si comprende la diversità dei quantitativi di pescato proposti dal sottoscritto e dal Mira. Allo stesso tempo, tuttavia, occorre anche evidenziare come in realtà non si disponga di cifre precise inerenti il pesce pescato annualmente, almeno per il periodo di massima produttività del lago, da circoscrivere a mio avviso ai secoli XIII-XIV. La stessa cifra proposta tra alla fine del Settecento inizi del secolo XIX dal noto geografo nativo di Monte del Lago, Bartolomeo Borghi, rispecchia la realtà in un periodo in cui la produttività del Trasimeno si era già notevolmente abbassata. Egli, infatti, sostiene che il pesce pescato annualmente al lago ammontava ad almeno un milione di libre di diversa specie quindi, stando all’equivalenza con le attuali misure proposta dal Mira – 1 libbra era pari a 337 grammi –, 3.370 quintali. Di questi, se ci si attiene ancora al Borghi, più della metà erano lasche visto che di esse se ne prende almeno più di cinquecentomila libre l’anno. Il calo di produttività è evidente e per comprenderlo occorre tenere nella dovuta considerazione gli elementi che, alla fine del medioevo e all’inizio dell’epoca moderna, l’hanno determinata.

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