Piazze e vie

G. P. Chiodini, Un diario dell’Ottocento. Il giornale Magionese di Giuseppe Fabretti, Perugia 1997; Idem, Magione nell’Ottocento: cronaca di settant’anni di storia vissuti intensamente, in Magione. Venti secoli di storia, cultura, arte e spiritualità, Magione 2001, pp. 179-241; Idem, Dall’Unità d’Italia alla Grande Guerra: sessant’anni irripetibili per Magione e per il Lago Trasimeno, in Vittoria Aganoor e Guido Pompilj. Un romantico e tragico amore di primo Novecento sul Lago Trasimeno, catalogo della mostra documentaria a cura di M. Squadroni, Perugia 2010, pp. 23-48.



Magione
PIAZZA GIACOMO MATTEOTTI
È assai significativo come la piazza principale della Magione odierna - sospesa tra il facile e disimpegnato utilizzo a pubblico parcheggio automobilistico e l’occasionale cornice in cui tener viva la tradizione di un mercato settimanale dalle lontanissime radici storiche - tanto debba, nella sua genesi urbanistica tardo-ottocentesca, proprio all’urto tra le ragioni incalzanti di un progresso tecnico-industriale dagli esiti fin troppo drastici, da un lato, e la strenua difesa di antichi assetti e locali interessi che pretendevano una viabilità tagliata a misura di un impervio centro storico e del suo cuore commerciale, dall’altro. Se la scomparsa dell’abate Raffaele Marchesi aveva convinto le autorità municipali a intitolargli nel 1874 una delle vie più eleganti e centrali del paese, certo assai minor lustro doveva avere l’omonima piazza Abate Marchesi che si apriva quasi senza soluzione di continuità dal Corso, stretta in costa, irregolarmente addossata alla curva e chiusa da due edifici, dove attraverso la via del Mercato Vecchio si risaliva ripidamente verso la piazza del Comune, le sue botteghe e la strada provinciale di collegamento tra Perugia e Passignano. Il primo nucleo dell’attuale "piazzone” si trovava dunque in un settore marginale dell’abitato, scarsamente integrato con gli assi viari più importanti e con le attività economiche, e tale sarebbe rimasto se fosse dipeso dalla volontà dei magionesi. Fin dal marzo 1856, infatti, «si ebbe notizia che il Governo aveva approvato il deviamento delle due salite, ciò a Magione e Torricella, con la spesa di 19 mila scudi. I Magionesi facevano opposizione desiderando che la strada si facesse più internamente del paese»: se l’obiettivo primario del riassetto stradale era risparmiare, a mezzi e convogli, malagevoli pendenze e il passaggio obbligato dall’angusto Arco Nicolai, i commercianti e gli operatori del mercato vi scorsero soltanto il pericolo di veder emarginato dal traffico di gente e merci il centro del paese, magari a vantaggio di nuove aree, come appunto l’allora piazza Marchesi. Il tracciato viario proposto dall’ingegner Paolo Liverani, approvato e finanziato dal Ministero dei Lavori Pubblici dello Stato Pontificio come opera di rilevanza "nazionale” e già appaltato alla stessa impresa che in quegli anni stava posando i binari del tratto ferroviario Passignano-Torricella, prevedeva infatti di deviare la strada poco prima della Chiesa di Sant’Antonio a Caserino da dove, in costa, doveva entrare in Magione, a fianco della Chiesa della Madonna delle Grazie, dal lato opposto rispetto a Corso Marchesi, per poi reimmettersi nei pressi della curva che costeggia l’attuale Piazza Matteotti e da lì al valico di Monte Colognola. Un profluvio di ricorsi contro le perizie di esproprio, la ferma opposizione degli ambienti economici cittadini, una formale protesta del Municipio affidata proprio alla penna del Marchesi, la mobilitazione, infine, di tutte le entrature romane unita ad una vaga promessa da parte di Magione per un «adagiamento delle salite», congelarono prima e bloccarono poi definitivamente un progetto che aveva se non altro il merito di suggerire nuove direttrici per lo sviluppo urbanistico della città, le stesse che verranno in seguito effettivamente realizzate, pur con un significativo capovolgimento delle gerarchie funzionali: questa volta sarà il mercato a seguire la strada e ad adeguarsi alle impetuose variazioni dei complessivi assetti urbani. Alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, infatti, la Provincia dell’Umbria pose mano alla realizzazione dell’attuale Strada Statale 75 bis, adottando una soluzione ingegneristica ardita e radicale per Magione: losventramento completo di gran parte del centro storico, con la sequela di espropri, demolizioni, riassetti di importanti aree urbane, non esclusi beni e pertinenze ecclesiastiche. I lavori, ultimati nel 1890, furono così imponenti da richiedere l’utilizzo del sistema Decauville, per il trasporto del meteriale inerte tramite piccoli convogli su binari provvisori, mossi da un sistema di carrucole a pesi e contrappesi: si trattava di fare la spola tra l’area di Piazza Marchesi e il nuovo tratto stradale che dalla Badia arrivava sino alla Chiesa di S. Giovanni. Piazza Matteotti, per come oggi appare, nacque dunque come cava, allargandosi progressivamente, erodendo dalla costa il materiale di risulta per riempire gli imponenti contrafforti eretti per sorreggere il nuovo tratto stradale che si immetteva direttamente in Corso Marchesi. Si apriva in questo modo una vasta area vuota, ormai pienamente inserita nel quadro urbano, e dove anzi si affacciava la nuova arteria maestra per merci e persone, un rettifilo largo e regolare che conduceva comodamente fino al Lago, e che ben presto sarà abbellito da una doppia alberatura laterale, per farne un elegante boulevard cittadino a vantaggio della nuova borghesia. Lo storico mercato, dunque, si spostava nella nuova piazza, ancora all’inizio del Novecento piuttosto povera quanto ad edifici e quinte architettoniche, ma che il fervore edilizio degli anni Venti e Trenta non avrebbe certo tardato a procurare.

FOTOGALLERY
 
 
 
 
Web Agency: Graficherò