Monumenti

R. Bistoni, Una chesa presente. Passaggio del fronte nel territorio della diocesi di Perugia (1943-1944), Perugia 2000; L. Colangeli, Testimoni e protagonisti di un tempo difficile. Relazioni dei parroci sul passaggio del fronte nella diocesi di Perugia, Foligno 2007; A. Mancini, Ricordi di un perseguitato politico durante il fascismo, in Cattolici e fascisti in Umbria (1922-1945), a cura di A. Monticone, Bologna 1978, pp. …. ; Montebuono 1944. Un episodio di lotta partigiana in Umbria, a cura di R. Covino, Perugia 1994; G. Moretti, I giorni dell’armistizio in Umbria, in R. Ranieri (a cura di), Gli Alleati in Umbria (1944-’45)/The Allies in Umbria (1944-’45), Atti del Convegno "Giornata degli Alleati”, (Perugia 12 gennaio 1999), a cura di R. Ranieri, Perugia 2000, pp. … In diretta da Magione, Montebuono 33 anni fa. Cronaca della celebrazione del 33° anniversario dei fatti di Montebuono contenente la testimonianza di Antonio Fiacca ed Angelo Basili, [s.l., s.n.], 1977.



Monte Buono
MONUMENTO AL PARTIGIANO
Sul crinale di Montebuono, in corrispondenza dell’incorcio tra la strada che si arrampica in direzione di Agello e la direttrice che prosegue verso Mugnano, un monumento realizzato da Romeo Mancinisu committenza dell’amministrazione comunale ricorda gli undici contadini caduti in un conflitto a fuoco contro i soldati tedeschi in ritirata, l’8 giugno 1944.

Inserendosi a pieno titolo nel quadro generale della resistenza armata e della mobilitazione popolare a sostegno delle azioni partigiane in atto in tutta l’Umbria tra il settembre 1943 e il giugno 1944, il drammatico episodio di Montebuono non rinuncia a presentare una peculiare fisionomia storicamente significativa. A seguito della liberazione di Roma, la pressione della V armata americana induceva l’esercito tedesco di occupazione ad un progressivo disimpegno dalle regioni centrali verso Nord: a partire dal primo pomeriggio di sabato 7 giugno 1944, dunque, un consistente ed ininterrotto passaggio di truppe naziste in transito sulla strada provinciale verso Chiusi, attraverso il magionese e la piana di Montebuono, aveva messo in allarme contadini e coloni di una zona ad altissima concentrazione mezzadrile, preoccupata per il rischio di sistematiche razzie di bestiame da parte di un esercito occupante in ritirata. Già in contatto con alcuni attivisti partigiani (come il comunista Alberto Mancini, detto il Sordo che, rientrato dalla clandestinità in Francia, da alcuni mesi era l’animatore di un’intensa attività di propaganda antinazista e coordinamento armato tra gli abitanti della zona), alcuni contadini nella notte del 7 giugno, alla vigilia della festa del Corpus Domini, avevano trafugato intere casse di bombe a mano dai depositi di munizioni tedesche dei paesi vicini. Quando la mattina seguente, con i contadini in chiesa a sentir messa, si perpetrò l’ennesima razzia di bestiame a danno di alcune case coloniche, l’ineluttabilità di una reazione armata apparve incarnare in sé tanto i caratteri dell’insorgenza rurale di lontana memoria quanto più consapevoli istanze politiche nella volontà popolare di affrancarsi dall’occupazione nazista. Sotto il comando del tenente Lanfranco Bonanno, i contadini dopo aver allestito alcuni carri agricoli, armati alla meglio con «bombe a mano, rivoltelle preistoriche, qualche moschetto, falci, badili, randelli» imboccarono la strada che da Mugnano conduce alla gola di Montebuono, dove si trovavano appostati alcuni carri armati tedeschi, a protezione del vicino comando militare alloggiato nella villa di proprietà Cesaroni che dominava la collina sovrastante. «Quando il primo carro fu all’altezza del bivio, dinanzi al ponte della curva, con un urlo unanime, i coloni si lanciarono all’assalto. Le grida improvvise e l’improvviso mutamento di scena, sconcertarono i tedeschi: le falci brandite al sole emettevano bagliori». I soldati, dopo un iniziale momento di sbandamento, non tardarono a piegare la resistenza dei contadini, falciati dal fuoco martellante delle mitragliatrici appostate nei boschi circostanti: dieci di loro rimasero sul terreno, tre furono feriti e tra questi due ragazzi non ancora diciottenni e un fanciullo che si trovava terrorizzato in mezzo ai campi di grano. L’undicesima vittima fu il diciannovenne Ferdinando Renaglia di San Savino, «che, preso dal timor panico, uscì di casa e si mise in fuga in mezzo ai campi: sorpreso nella fuga da un tedesco, non valse a lui alzare le mani che fu immediatamente fucilato». Avuta rapidamente ragione sul campo e riacquistato il controllo militare della zona, solo l’intervento del parroco don Antonio Fedeli, che si offrì come ostaggio, riuscì ad evitare indiscriminate e sanguinose rappresaglie nei paesi circonvicini; la mattina successiva i tedeschi presentarono alle donne del paese le salme di familiari e conoscenti, ma esse negarono di conoscere l’identità di quei cadaveri martoriati, onde risparmiare ulteriori ritorsioni. Il parroco del paese, su sollecitazione degli esponenti delle formazioni partigiane, si recò da solo al comando tedesco per implorare la restituzione dei cadaveri: «per tutto il giorno don Antonio supplicò per riavere le salme e dopo insulti e maltrattamenti ottenne quanto chiedeva: alla sera le dieci salme ammucchiate in un carro trainato dai buoi arrivarono al cimitero di Agello». A seguito dell’eccidio di Montebuono, il Comune di Magione è stato insignito, dal Presidente della Repubblica, della Medaglia di bronzo al Merito Civile, con la seguente motivazione: «Partecipava con fierezza e profonda fede in un'Italia democratica alla lotta partigiana, subendo, da parte delle truppe tedesche in ritirata, una feroce rappresaglia nella quale venivano uccisi undici suoi concittadini. Nobile esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio».


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