Palazzi storici

Archivio Storico del Comune di Magione, Governo pontificio, Seconda Restaurazione, 1849-1860, b. 25, fasc. Poste;Regno d’Italia,1860-79, b. 104,  fasc.1; Dall’archivio alla città. Magione tra ‘800 e ‘900: aspetti urbanistici e sociali, Catalogo della mostra documentaria a cura di Francesco Girolmoni, Perugia 2003; G. P. Chiodini, Un diario dell’Ottocento. Il giornale Magionese di Giuseppe Fabretti, Perugia 1997.



Magione
PALAZZO COMUNALE
Situato a monte dell’attuale piazza Fra Giovanni da Pian di Carpine (già piazza del Mercato), l’attuale palazzo municipale, nonostante i numerosi richiami stilistico-architettonici alle tipologie degli edifici pubblici dei comuni medievali, tradisce in realtà origini ben più vicine nel tempo. Ancora all’inizio dell’Ottocento, il Priore, la magistratura cittadina più importante, di diretta nomina vescovile, svolgeva i propri limitati uffici, coadiuvato da tre soli dipendenti (un segretario, un medico e una guardia), in un vetusto e malagevole casalino, situato proprio al centro della piazza e antistante l’attuale municipio. Di proprietà ecclesiastica, appartenente alla Chiesa della Madonna delle Grazie, sormontato da un campanile «a ventaglia» – un’alta ala di muro su cui si apriva una nicchia che ospitava un’unica campana –, il palazzo non poteva vantare che un piano terra dove si pigiavano la posta dei cavalli e due misere bottegucce, e un primo piano dotato di due stanze, una adibita a pubblica scuola, l’altra destinata a sala consiliare e segreteria. Anche l’attuale palazzo comunale faceva parte dei beni del clero locale, riconducibile alle proprietà della Casa pia Remedi, ed usato prevalentemente come dormitorio e casermaggio per le truppe che di frequente si trovavano a transitare per il territorio comunale. Dietro proposta dai consiglieri Giovanni Pompili e Giuseppe Orsi «premurosi ed impegnatissimi per il buon andamento e decoro della Comune», l’edificio fu acquistato dalla municipalità il 5 giugno 1829, per la somma di 850 scudi «da pagarsi entro un combinato termine con frutti compensativi» al vescovo di Perugia, mons. Carlo Filesio Cittadini, erede fiduciario della Casa pia Remedi. «Una simile compra ha riscosso l’ammirazione dell’intera popolazione», riconosce Giuseppe Fabretti: il Comune si liberava non soltanto delle onerose pigioni annuali, che gravavano pesantemente sui già magri bilanci, ma acquisiva locali adeguati per trasferirvi non soltanto gli uffici amministrativi, la cancelleria, l’archivio e la residenza del Priore, ma anche le funzioni del Governatorato che proprio in quegli anni si installava a Magione nella nuova sede, ufficialmente inaugurata con una solenne udienza civile il 5 agosto 1829.

 

Preoccupazioni di ordine logistico e igienico-sanitario, legate al crescente traffico di carrozze e alla fastidiosa presenza dei cavalli di posta e delle relative stalle proprio sulla piazza centrale di rappresentanza, convinsero gli amministratori, col priore Paolo Massini in testa, a decentrare il servizio postale a Caserino e a demolire (previo indennizzo delle relative proprietà ecclesiastiche) l’antico edificio comunale, avendo tuttavia cura di trasferire il campanile (vinte non poche resistenze di bottega) in facciata alla nuova sede, nella posizione attuale, adattandolo apiù moderne forme su disegno del signor Tessoni di Perugia. Al suo interno trovò posto la nuova campana, fusa a Foligno, e l’orologio realizzato da Teodoro Zucchetti, che battè i primi rintocchi il 24 giugno 1834, giorno di San Giovanni «con universale gradimento, sia per la nuova forma della piazza, sia per abbellimento stante il nuovo campanile ed altri restauri fatti». La mole crescente delle funzioni politico-amministrative, non disgiunta dalla promozione di Magione a sede di Pretura, all’indomani dell’Unità posero drammaticamente in evidenza le carenze strutturali e logistiche del palazzo municipale: è dell’11 febbraio 1869 la prima delibera del Consiglio Comunale (poi ribadita il 30 novembre 1870) che approva il progetto di innalzamento e ingrandimento dell’edificio, affidato agli ingegneri Giovanni Boschi e Guglielmo Rossi.

Il 25 luglio 1871 la pubblicazione dell’avviso d’asta per l’appalto dei lavori andò completamente deserta, a causa dei prezzi di perizia giudicati eccessivamente bassi, al punto che il 28 settembre dello stesso anno il Comune si vide costretto ad affidare l’appalto mediante trattativa privata al signor Giustino Guarnieri. Nel 1875 è possibile eseguire i primi collaudi di un edificio che ora si articola su tre piani: al pianoterra, incardinato su una corte centrale interna ed un piccolo giardino, trovavano posto «il quartiere per la Guardia Nazionale, l’Archivio, l’officio di posta e degli uscieri, nonché alcune comodità per l’abitazione del Pretore», ai cui uffici giudiziari è interamente riservato il primo piano, relegando invece al secondo «le comodità tutte necessarie alla Municipalità». Un recentissimo restauro permette di apprezzare nuovamente appieno l’essenzialità degli elementi architettonici e decorativi del progetto originario: la merlatura terminale della facciata e del campanile a pianta quadrangolare, le numerose finestre a tutto sesto, l’imponente portale d’ingresso che conduce direttamente all’atrio contraddistinto da volte a crociera e colonne in cotto, inframmezzate da sezioni in pietra arenaria. Di particolare rilevanza la decorazione pittorica che impreziosisce la sala consiliare situata all’ultimo piano, che nel 1948 il sindaco Publio Trento Bartoccioni volle affidare alle sperimentazioni futuriste di Gerardo Dottori. Il ciclo pittorico si compone di due sezioni distinte: una prima scena, sulla parete di fondo, raffigura fra Giovanni da Pian di Carpine nell’atto di consegnare la pergamena di papa Innocenzo IV al gran Khan dei Mongoli; una seconda figurazione, dai motivi più marcatamente debitori dell’aeropittura del maestro perugino, si sviluppa in una ricca fascia che incornicia la semivolta del soffitto e raffigura in successione Magione e tutte le sue frazioni, ciascuna delle quali connotata dalle proprie peculiarità paesaggistico-architettoniche o dai tipici prodotti locali.


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